venerdì 28 agosto 2015

HELP, LE API SONO A RISCHIO!



La sindrome dello spopolamento degli alveari, colony collapse disorder (Ccd) in inglese, è un fenomeno che colpisce le api operaie e altre specie di insetti impollinatori che vivono negli Stati Uniti e in Europa. Questa definizione è stata coniata in seguito a un calo anomalo del numero di alveari e della produzione di miele che si è verificato nel 2006, anche se le organizzazioni attive nella conservazione insieme ad altre agenzie internazionali che si occupano di cibo e alimentazione, dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), hanno cominciato a notare e studiare questo fenomeno fin dai primi anni Novanta.

                    

Considerando che le api sono un vero e proprio mezzo produttivo per l’agricoltura, necessario all’impollinazione di molte colture orto-frutticole e sementiere (39 specie vegetali su 57, nell’ambito delle più importanti monocolture, beneficiano di questo servizio), senza trascurare l’importanza fondamentale nella riproduzione di gran parte delle specie vegetali spontanee più evolute, si può intuire la rilevanza economica di questo fenomeno a livello mondiale. Basti pensare che l’80 per cento dell’impollinazione dipende dalle api, per un’incidenza economica che negli USA è stimata pari a 15 miliardi di dollari l’anno
Le cause individuate sono plurime, ma col passare degli anni l’attenzione si è concentrata su tre tipi particolari di insetticidi che si definiscono neonicotinoidi, introdotti su larga scala proprio in coincidenza con l’inizio del verificarsi del Ccd. Questi vengono usati in agricoltura per la concia delle sementi di mais e di altre colture e agiscono sul sistema nervoso di insetti e parassiti. Un effetto che sembra riguardare anche gli insetti impollinatori, fondamentali per la sicurezza alimentare nel mondo e per la biodiversità visto che l’impollinazione garantisce la riproduzione di più dell’80 per cento delle specie vegetali tanto che si stima che il contributo economico che le api regalano al settore agricolo, secondo i dati dell’Unione mondiale per la conservazione della natura, sia pari a 22 miliardi di euro l’anno.Vietare i neonicotinoidi oggi, può contribuire a fermare tutto questo e a spingere lo sviluppo del settore agricolo verso campi più sostenibili.

E' plausibile ipotizzare una estinzione di massa delle api? Se sì  quali sarebbero le conseguenze?  
Molte delle piante che coltiviamo, in un modo o nell’altro, sopravviverebbero anche senza api, ma in diversi casi avrebbero difficoltà a fornirci produzioni adeguate ed economicamente convenienti. Ci dobbiamo sicuramente preoccupare del contributo delle api alle coltivazioni, da cui traiamo alimenti e guadagni, ma sono tante altre, e molte di più, le piante che rischierebbero l’estinzione.
Scienziati americani e inglesi stanno già pensando ad un rimedio estremo: The Robobee (l’ape robot). Di recente, ’Harvard School of Engineering and Applied Sciences ha ricevuto un contributo di 10 milioni di dollari per progettare e costruire l’ape artificiale e poter sopperire così, in prospettiva, al problema dell’impollinazione. Paradossalmente, in qualche altra parte del mondo (Cina) stanno già sostituendo le api con l’impollinazione manuale dei fiori.




                     



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