lunedì 7 ottobre 2013

COLPI DI SPUGNA


Sulle pagine della rivista “Science” Jasper de Goeij, dell'Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics dell'Università di Amsterdam e colleghi di altri istituti olandesi, illustrano il ruolo cruciale delle spugne nel riciclare la materia organica disciolta, rendendola disponibile per tutta la fauna che vive attorno alle barriere coralline. 
Questi ecosistemi sono formazioni sottomarine originatesi per effetto della deposizione degli scheletri calcarei dei coralli, o antozoi, animali che si presentano solitamente in ampie colonie di piccoli polipi. In passato, gli scienziati avevano sottolineato che queste formazioni, tipiche dei mari e degli oceani tropicali, funzionano come gigantesche ed efficientissime centrali di riciclaggio del carbonio e dei nutrienti presenti nelle acque, rendendoli disponibili a pesci, crostacei molluschi ed echinodermi. Tuttavia non era mai stato chiaro quali organismi nello specifico si occupassero di questo complessa trasformazione e con quali meccanismi biologici. 
De Goeij e colleghi hanno ipotizzato per questo processo un ruolo cruciale delle spugne, e in particolare della specie Halisarca caerulea, per le quali è stato documentato un ricambio assai rapido dei tessuti. Questa spugna ha particolari cellule, i coanociti, che filtrano i nutrienti dispersi nell'acqua del mare, in grado di moltiplicarsi velocemente, ogni 5-6 ore. Questa rapida produzione di cellule è bilanciata da una massiccia dispersione nell'acqua di vecchi coanociti in forma di particolato organico.
Gli autori hanno ipotizzato inoltre che questa possa essere la fase iniziale di un vero e proprio “ciclo delle spugne”, in cui questi detriti cellulari vengono successivamente ingeriti dagli organismi decompositori e detrivori che si nutrono di particolato, come i crostacei e i policheti. Poiché i detritivori sono a loro volta mangiati da altri animali marini, è possibile che le spugne siano alla base di una catena alimentare, alla quale danno inizio riciclando nell'ecosistema i nutrienti come fanno i microrganismi in mare aperto.
Queste ipotesi sono state puntualmente verificate da De Goeij e colleghi prima in un acquario e poi in ambiente marino naturale. Questo inedito “ciclo delle spugne” spiegherebbe, secondo gli autori, in che modo  le barriere coralline possono resistere e prosperare in acque povere di nutrienti, e rappresenta un nuovo modello biologico che potrebbe essere estremamente utile per gli sforzi di conservazione di questi delicati ecosistemi.

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