Uno dei punti più estremi del mondo è localizzato in una zona nell’Oceano Pacifico, a sud del Giappone, ad est delle Filippine e a nord della Nuova Guinea: è il Challenger Deep, il punto più profondo del nostro pianeta sotto il livello del mare.
Il Challenger Deep fa parte della depressione oceanica chiamata Fossa delle Marianne, o Mariana Trench, che prende il nome dalle omonime isole vicine, situate a circa 2.400 km ad est delle Filippine, a loro volta così chiamate in onore di Marianna d’Asburgo regina di Spagna.
La Fossa delle Marianne forma un arco lungo circa 2.550 Km, ha una larghezza media di circa 70 Km e si trova in corrispondenza di due placche tettoniche, quella del Pacifico e quella delle Filippine, in una zona di subduzione, ovvero una zona in cui si verifica lo scorrimento di una placca sotto un’altra placca. In questo caso, la placca del Pacifico si insinua sotto la placca delle Filippine. Lo studio di questo aspetto della Fossa delle Marianne risulta estremamente significativo in ambito scientifico poiché può essere causa di forti terremoti e violente eruzioni vulcaniche che si verificano in tale zona.
Questa zona dell’Oceano Pacifico fu attraversata nel 1521 da Ferdinando Magellano, il quale gli attribuì il termine “pacifico” per il mare molto calmo che trovò durante la sua traversata fino alle Filippine.
Nel 1951, il vascello Challenger II della Royal Navy effettuò rilevamenti nella zona utilizzando un sonar e scoprì il punto più profondo, poi ribattezzato Challenger Deep, a 10.863 metri.
Il 23 gennaio 1960, in un’immersione senza precedenti, il batiscafo Trieste della U.S. Navy raggiunse la profondità segnata a bordo di 11.521 metri, poi rettificata a 10.916. Sul batiscafo erano presenti il tenente della Marina statunitense Donald Walsh e l’esploratore e ingegnere svizzero Jacques Piccard, figlio del fisico August Piccard. Anche grazie alla partecipazione del padre alla progettazione del batiscafo, il giovane Piccard lo realizzò presso i cantieri navali di Trieste, città che poi gli diede il nome.
Il 26 marzo 2012 il sommergibile Deepsea Challenge, con a bordo il regista ed esploratore James Cameron, viene calato con una gru nell’Oceano Pacifico, con l’intento di arrivare al punto più profondo del pianeta. Il sommergibile, nell’ambito di una missione scientifica per studiare le profondità marine condotta da Cameron con la National Geographic Society e attrezzato con apparecchiature per raccogliere campioni e immagini, dopo una discesa durata 2 ore e 36 minuti, tocca la profondità di 10.898 metri.
Cameron trascorre oltre tre ore sul fondo della Fossa delle Marianne e, dopo un’ascesa di 70 minuti, riaffiora nell’Oceano Pacifico. Cameron è il terzo uomo nella storia, ed il primo in solitaria, ad aver esplorato il più profondo degli abissi conosciuti al mondo, un luogo isolato dal resto dell’umanità, silenzioso, scuro e remoto, poiché gli ultimi bagliori della luce solare si fermano a 1.000 metri di profondità.
Nella piccola capsula che ha portato Cameron negli abissi erano presenti un campionatore di sedimenti, un artiglio robot, una pistola per aspirare piccole creature marine e altri strumenti per il calcolo della temperatura e della salinità.
A dispetto dell'enorme pressione che caratterizza l'ambiente – 1100 volte la pressione a livello del mare, il sommergibile si è ristretto di 7 cm - i sedimenti della Fossa delle Marianne si sono dimostrati un vero e proprio hot spot di attività batterica, dove vivono circa dieci volte più batteri di quelli che si trovano nei sedimenti della pianura abissale circostante, a una profondità di 5000-6000 metri.
I microbi controllano la decomposizione della materia organica nei sedimenti marini. Questa decomposizione, a sua volta, contribuisce alla rigenerazione dei nutrienti presenti negli oceani e influenza in maniera significativa il ciclo del carbonio globale. In generale, i tassi di decomposizione dei microrganismi diminuiscono con la profondità. E proprio per questo i risultati ottenuti hanno suscitato notevole interesse.
Secondo i ricercatori, il prosperare dell'attività microbica nella fossa deve essere legato a un flusso insolitamente elevato di materia organica - animali morti, alghe e altri microbi - provenienti dall'ambiente circostante molto meno profondo, probabilmente anche grazie all'inabissamento di grandi quantità di materiale durante i terremoti, piuttosto frequenti nella zona.
Sono stati notati degli esemplari di anfipodi, crostacei simili a gamberetti. Non è una grande scoperta, perché si tratta di un ordine particolarmente abbondante nell'oceano. Praticamente, dove c'e acqua ci sono anfipodi. Nel Challenger Deep ve ne sono di rosa pallido e bianchi, e ciò che li rende davvero speciali è la loro dimensione. Il microbiologo Douglas Bartlett ha fatto notare che la maggior parte degli anfipodi oceanici è della dimensione di un pollice umano. Quelli catturati dalle esche dell'équipe di Cameron erano lunghi fino a 17 centimetri. E ce ne sarebbero altri che arrivano a ben 30 centimetri.
Oltre agli anfipodi, sono stati notati quelli che a prima vista sembravano bastoni sepolti nella sabbia, disposti secondo un modello un po' particolare. A un'occhiata più approfondita, si sono rivelati essere oloturie, meglio note con il nome comune di cetrioli di mare ( echinodermi ), camuffati così astutamente con il fondale da non essere notati neppure da Cameron. Si tratta di animali specializzati nella raccolta di cibo dal fondo oceanico tramite delle apposite appendici per l'alimentazione. Secondo gli scienziati, le oloturie si posizionano in modo tale da intercettare le correnti oceaniche e arraffare il cibo grazie ai loro tentacoli.Questi cetrioli erano completamente immobili, tanto da sembrare congelati ed è per questo, oltre che per il loro perfetto camuffamento con il fondale, che sono sfuggiti all'occhio di Cameron e notati in studi successivi dall'oceanografa Natalya Gallo.
Non è tutto. A quanto pare, c'è ancora un'altra creatura di dimensioni superiori alla norma sul fondo della fossa. Nascosti dietro pile di sabbia instabili e irregolari ci sono dei protisti filamentosi giganti, detti foraminiferi. Si tratta di esseri viventi simili ad amebe, dotati di tentacoli lunghi e ramificati con cui afferrano il cibo. Spesso sono provvisti di gusci di carbonati di calcio di grande complessità e bellezza: per resistere alla pressione degli abissi, mille volte superiore a quella superficiale, i gusci sono morbidi e flessibili. Non è ancora ben chiaro se si tratti di creature unicellulari nel senso stretto del termine.
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