sabato 12 gennaio 2013

MARIA CURIE, LA SIGNORA DELLA RADIOATTIVITA'



Google Doodle dedicato a M.Curie
" Della vita non bisogna temere nulla. Bisogna solo capire". ( M. Curie)



Una delle più importanti dispute della fisica di fine Ottocento era quella sulla natura dei raggi catodici, raggi che nei tubi con gas rarefatti andavano dal catodo verso l’anodo provocando fluorescenza: erano radiazioni o fasci di particelle?
Proprio nel tentativo di studiare i raggi catodici, nel 1895 il fisico tedesco Wilhelm Röngten compì una scoperta sensazionale: dopo avere coperto un tubo a raggi catodici con una carta nera che non lasciava fuoriuscire i raggi, si accorse che una lastra fotografica posta nelle vicinanze veniva ugualmente impressionata. In questo modo aveva casualmente scoperto l’esistenza dei raggi X. Si tratta di onde elettromagnetiche
di energia molto elevata, che attirarono l’interesse di molti scienziati, tra cui Becquerel, che aveva già compiuto studi sulla luce emessa da particolari cristalli fluorescenti e fosforescenti. Nel tentativo di verificare eventuali legami tra i raggi X e la fluorescenza, Becquerel decise di studiare il comportamento di alcuni cristalli di minerali di uranio che presentavano proprio il fenomeno della fluorescenza. Il giorno programmato da Becquerel per l’esperimento, però, pioveva e non era quindi possibile esporre i cristalli alla luce del sole per provocarne la fluorescenza.  Il fisico allora ripose i cristalli e la lastra fotografica su cui avrebbe voluto rivelare i raggi X in un cassetto. Poiché continuava a piovere, qualche giorno dopo Becquerel decise comunque di sviluppare la lastra fotografica inutilizzata, come esperimento di controllo.
Con sua grande sorpresa, si accorse che le lastre erano state impressionate anche senza fluorescenza e concluse quindi che nuove radiazioni venivano emesse spontaneamente dall’uranio, senza necessità di eccitazione. Becquerel continuò a studiare il fenomeno e scoprì che le radiazioni emesse dall’uranio erano in grado di ionizzare i gas e quindi renderli conduttori.
I raggi emessi dall’uranio vennero inizialmente chiamati raggi Becquerel in onore di colui che li aveva scoperti. Fu il fisico Ernest Rutherford a scoprire poi  che in realtà i raggi Becquerel erano costituiti da diversi tipi di radiazioni: i raggi alfa  e beta, a cui poi si aggiunsero i raggi gamma.
Presto si capì che non erano i composti di uranio ad emettere le radiazioni, ma gli stessi atomi di uranio, che infatti presentano questa caratteristica sia allo stato elementare sia combinati nei composti.

Proprio in quel periodo, Marie Curie stava cercando un argomento per la sua tesi di dottorato e decise quindi di approfondire le scoperte di Becquerel attraverso un accurato lavoro sperimentale su alcuni campioni di minerali di uranio. In alcuni casi, si accorse che le radiazioni emesse dai minerali erano molto maggiori di quanto prevedibile sulla base del contenuto di uranio e ipotizzò quindi l’esistenza di altri elementi
radioattivi.
Provò quindi a preparare un campione dello stesso minerale in laboratorio: la radioattività (come il fenomeno venne chiamato dalla stessa Curie) era quella prevista, molto inferiore a quella del minerale naturale. Era la prova indiretta che nel minerale naturale c’era un elemento ancora sconosciuto dalla radioattività molto elevata: per individuarlo, la giovane scienziata cercò di estrarre materiale radioattivo da grandi quantità di minerali naturali.
Grazie anche all’aiuto del marito Pierre, che presto coinvolse nella sua avventura scientifica, la Curie annunciò nel 1898 di avere scoperto un nuovo elemento, che propose di chiamare polonio in onore della sua patria. Al polonio presto seguì la scoperta di un altro nuovo elemento, con caratteristiche simili a calcio e bario, a cui venne dato il nome radio a causa della sua elevata radioattività.
Il radio era contenuto in un minerale chiamato pechblenda. I coniugi Curie riuscirono a procurarsi enormi quantitativi dei residui della lavorazione della pechblenda (da cui veniva estratto uranio) da cui riuscirono a ottenere il radio puro, in quantità sufficiente per misurarne il peso atomico e studiarne le proprietà.
Il maggiore merito dei coniugi Curie, e di Marie in particolare, nel campo della radioattività è stato proprio quello di scoprire nuovi elementi, radio e polonio, molto più radioattivi rispetto all’uranio e di sviluppare metodi efficaci per separare il radio dai residui radioattivi dei minerali di uranio.
Una caricatura dei Curie su Vanity Fear, 1904
Nel 1903 i due coniugi vinsero il premio Nobel per la fisica insieme con il fisico francese Becquerel per le loro ricerche e scoperte nel campo della radioattività e solo l’anno successivo a Pierre Curie fu offerta una cattedra presso l’università parigina della Sorbona.
Dopo la tragica morte del marito dovuta a un incidente stradale, Marie Curie ricoprì lo stesso incarico alla Sorbona e continuò a dedicarsi alla studio della radioattività.
Durante la prima guerra mondiale la scienziata e la figlia Irène si impegnarono per portare le apparecchiature per i raggi X nelle ambulanze e negli ospedali da campo. Marie Curie morì nel 1934 a causa soprattutto degli effetti letali della radioattività, di cui, all’inizio delle sue ricerche, non era consapevole
Marie Curie fu la prima donna a essere insignita del premio Nobel ed è l’unica ad averne ricevuti due: per la fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911.
La famiglia Curie detiene anche il record dei Nobel ricevuti da parenti: oltre a lei, infatti, sono stati premiati a Stoccolma anche il marito Pierre (con cui ha diviso il Nobel del 1903), la figlia Irène Joliot-Curie e il genero, il fisico francese Frédéric Joliot, che hanno ricevuto il Nobel per la chimica nel 1935. Un altro genero, l’ambasciatore statunitense Henry Labouisse, marito della figlia Eve, ritirò nel 1965 il Nobel per la
pace assegnato all’Unicef, di cui era all’epoca direttore esecutivo.
In onore di Marie Curie (e di suo marito Pierre), all’elemento con numero atomico 96 fu assegnato il nome curio (Cm) e con sklodowskite viene chiamato un altro minerale contenente uranio; inoltre una delle unità di misura della radioattività è il curie (Ci), oggi sostituita nel Sistema Internazionale dal Becquerel (Bq).
Inoltre  a Marie Curie e al marito è stato intitolato  un asteroide, il 7000 Curie.

Concludendo possiamo dire che Marie deve la sua storia romanzesca e la sua  esemplare esistenza alla sua caparbietà, intelligenza, determinazione, genialità quasi ossessiva, ma soprattutto alla sua curiosità, una qualità di incommensurabile valore per il progresso scientifico. Suo è il noto aforisma:

   "Sii meno curioso della gente, e più curioso delle idee"

Ma è soprattutto con questa citazione dal convegno della cultura del 1933 che si esprime tutta la sua  importante essenza:
Uno scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico, è anche un fanciullo posto di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come un racconto di fate. Dobbiamo avere un mezzo per comunicare questo sentimento all’esterno, non dobbiamo lasciar credere che ogni progresso scientifico si riduca a macchine e ingranaggi. L’umanità ha bisogno di persone d’azione, ma ha anche bisogno di sognatori per i quali perseguire disinteressatamente un fine è altrettanto imperioso quanto è per loro impossibile pensare al proprio profitto.



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