A cura di Simone Cioffi e Andrea Santo Sabato IIIA
Tutto ciò provocò l’inondazione del fondovalle veneto e la distruzione della città di Longarone.
DESCRIZIONE DEL FATTO
L'evento fu dovuto ad una frana caduta dal versante settentrionale del monte Toc, staccatasi a seguito dell'innalzamento delle acque del lago artificiale oltre quota 700 metri (slm) voluto dall'ente gestore per il collaudo dell'impianto.
I tecnici che avevano lavorato al progetto sapevano perfettamente che la composizione del monte Toc era fangosa e che a contatto con l’acqua sarebbe franata. Decisero comunque di costruirla con la speranza che non accadesse niente.

I circa 25 milioni di metri cubi d'acqua che riuscirono a scavalcare l'opera raggiunsero il greto sassoso della valle del Piave e asportarono consistenti detriti che si riversarono sul settore meridionale di Longarone causando la quasi completa distruzione della cittadina (si salvarono il municipio e le case poste a nord di questo edificio) e di altri nuclei limitrofi e la morte, nel complesso, di circa 2000 persone (i dati ufficiali parlano di 1918 vittime, ma non è possibile determinarne con certezza il numero). È stato stimato che l'onda d'urto dovuta allo spostamento d'aria fosse di intensità eguale, se non addirittura superiore, a quella generata dalla bomba atomica sganciata su Hiroshima. Alle ore 5:30 della mattina del 10 ottobre 1963 i primi militari dell'Esercito Italiano arrivarono sul luogo per portare soccorso e recuperare i morti. Tra questi vi erano soprattutto Alpini, alcuni dei quali appartenenti all'arma del Genio che scavarono anche a mano per riuscire a trovare i corpi dei dispersi. Trovarono anche alcune casseforti, non più apribili con le normali chiavi, in quanto molto danneggiate. Dei circa 2000 morti, sono stati recuperati solo 1500 cadaveri, la metà dei quali non è stato possibile riconoscere.
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