Già al tempo dei greci, Aristotele ( Stagira, 384 a.C. o 383 a.C. – Calcide, 322 a.C. ) cercò di classificare il mondo che ci circonda, tuttavia il suo scopo era più quello di trovare una teoria della classificazione che fornire una trattazione delle forme di vita (ma descrisse all'incirca ben 500 specie nel suo volume “Storia degli Animali”). Aristotele è considerato come il primo vero biologo della tradizione occidentale, in quanto adottò per primo un approccio esplicitamente funzionalista (cioè sulla funzione delle parti corporee). A quel temo gli esseri viventi erano suddivisi in “aerei”, “terrestri”, e “marini”.
Aristotele distinse gli animali in due categorie, rispettivamente dotati di sangue (ènaima) e privi di sangue (ànaima), il che corrisponde grosso modo alla distinzione moderna fra vertebrati e invertebrati
Il primo gruppo si divideva in cinque “generi” (che poi si suddividevano in specie): vivipari quadrupedi (cioè i mammiferi terrestri), ovipari quadrupedi (rettili e anfibi), pesci, uccelli, e mammiferi marini
Il secondo gruppo comprendeva quelli che chiamiamo oggi rispettivamente cefalopodi, crostacei, e insetti (in cui Aristotele incluse ragni, scorpioni e millepiedi), e inoltre i “testacea” (animali con conchiglia),e gli “zoofiti” (o piante - animali, come gli cnidari ).
Il sistema gerarchico di classificazione dei viventi di Aristotele e i criteri su cui esso si basa costituisce il primo esempio di una autentica tassonomia naturale. Tuttavia l'utilità pratica delle tassonomie è una esigenza del pensiero moderno: fino a tutto il Rinascimento lo scopo della tassonomia era quello di riconoscere, nell’ordinamento delle cose del mondo, una volontà creatrice trascendente.
La nascita della sistematica moderna si fa risalire a Karl von Linne, (latinizzato in Carolus Linnaeus, 1707-1778). La sua grande opera, il Systema Naturae, pubblicata nel 1735, si sviluppò attraverso 12 edizioni durante la sua vita.
Linneo adottò la denominazione di ciascuna specie con un binomio latino, cioè con l'unione di due nomi: il nome del genere, comune ad una serie di specie; il nome specifico, un epiteto che caratterizza e distingue le varie specie di quel genere. Questa convenzione viene oggi chiamata nomenclatura binomiale e il nome, formato da due parti, è conosciuto come nome scientifico, o nome sistematico, di una specie
Col sistema linneano ogni organismo viene così posizionato, mediante una scala gerarchica, in una serie di categorie tassonomiche. Le categorie Linneane della sistematica erano 5: Classe, Ordine, Genere, Specie e Varietà.
Nel corso del tempo i sistematici hanno espanso la gerarchia linneana, in quanto la diversità della vita mal si adatta alla categorizzazione (perfino la categoria di specie pone spesso difficoltà insormontabili). Sono state introdotte le categorie di Dominio, Regno e Tipo (Phylum) e sono state introdotte varie categorie intermedie (es. Sottoregno, Superordine, Sottofamiglia, Tribù, Sottotribù, ecc.). Questo genera una certa soggettività nella scelta della categoria tassonomica di un gruppo di interesse, per cui spesso la classificazione completa di una stessa specie può presentare differenze tra autori diversi. Tuttavia il sistema funziona, e quindi ha resistito nonostante l’arbitrarietà delle categorie fisse della sistematica. Anche Linneo riteneva che lo scopo fosse l’identificazione di un sistema naturale, inteso come realizzazione di un piano sapiente della divinità che comporta una costante armonia ed un equilibrio fra tutte le forme viventi. Ci si potrebbe dunque attendere che l’irruzione dell’evoluzionismo nella biologia contemporanea abbia scardinato il sistema di classificazione linneano. Come mai invece ciò non è avvenuto? In effetti, il presupposto della sistematica, da Aristotele a Linneo, è di identificare le reali affinità biologiche esistenti fra gli organismi, e questo è lo stesso presupposto che sta alla base dell’evoluzionismo, cioè attraverso le vere affinità biologiche si identificano le reali parentele evolutive.
Il compito della sistematica pre-darwiniana era di classificare gli esseri viventi sulla base delle loro somiglianze: più due organismi sono simili, più vengono classificati in gruppi omogenei; dopo Darwin quegli stessi gruppi vengono interpretati come insiemi di parentele. Il compito della sistematica diventa quindi di riconoscere la derivazione delle specie esistenti oggi dagli antenati comuni. Tutti gli esseri viventi attuali fanno parte di un immenso albero genealogico con una (o più) radici, la sistematica evoluzionistica deve avere come obiettivo primario la ricostruzione di questo albero della vita.
Nella tassonomia evoluzionistica diventa fondamentale distinguere fra le caratteristiche “omologhe”, cioè simili perchè anatomicamente comparabili, e le caratteristiche “analoghe”, cioè simili perchè funzionalmente comparabili.
Per esempio, l’analisi della struttura degli arti anteriori dei vertebrati terrestri e dei mammiferi marini suggerisce che si tratti di strutture presenti nell’antenato comune di tutti questi organismi ed evolutesi separatamente.
Strutture simili possono essere analoghe e non omologhe. In questo caso la somiglianza è data dal fatto che compiono la stessa funzione, e si parla di evoluzione convergente. Discriminare tra omologie e analogie non è sempre facile.
Oggi l’obiettivo è quello di riconoscere piante e animali attraverso un codice a barre ( barcode), proprio come fa la cassiera al supermercato, quando «legge» il prezzo di un prodotto passandolo rapidamente sotto uno scanner. Per gli esseri viventi il codice non può essere altro che il loro DNA, visto che ognuno ne possiede uno proprio, unico e diverso da quello di tutti gli altri. In Germania si è dato vita a un progetto che ha l’ambizione di giungere alla classificazione, con un codice a barre, dell’intera flora tedesca. La sfida è enorme: ci sono circa 4 mila specie di piante nonché 1.300 specie di muschi e felci.
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