Questa domanda è nota come il Paradosso di Olbers: come è possibile che il cielo notturno sia buio nonostante l'infinità di stelle presenti nell'universo?
Heinrich Wilhelm Olbers era un astronomo tedesco che pose questa domanda nel 1826. In realtà il paradosso era già stato descritto da Keplero nel 1610, da Richard Bentley in un carteggio con Newton e dagli astronomi Halley e Cheseaux nel XVIII secolo.
Chiediamoci per prima cosa "perché il cielo qui sulla Terra è azzurro durante il giorno ?". E' una domanda alla quale possiamo rispondere facilmente. Il cielo è azzurro perché la luce proveniente dal Sole colpisce le molecole dell' atmosfera terrestre e la componente blu viene diffusa in tutte le direzioni e oscura le stelle. Di notte, quando la parte della Terra in cui ci troviamo è rivolta in direzione opposta al Sole, lo spazio è nero perché non ci sono sorgenti luminose vicine, come il Sole, la cui luce possa essere diffusa. Se fossimo sulla Luna, che non ha atmosfera, il cielo sarebbe nero sia di giorno che di notte. Lo puoi vedere nelle fotografie riprese durante le missioni Apollo.
Affrontiamo ora la parte difficile. Se l' Universo è pieno di stelle, perché la luce proveniente da tutte le stelle non si somma rendendo il cielo sempre luminoso ? Se l'Universo fosse infinitamente grande e fosse sempre esistito, ci aspetteremmo che il cielo notturno fosse chiaro, perché sarebbe illuminato dalla luce di tutte queste stelle. In ogni direzione tu guardassi nello spazio, troveresti una stella. In teoria, in ogni punto del cielo si dovrebbe vedere almeno un puntino luminoso. Ovvero, sovrapponendo infiniti puntini, il cielo di notte dovrebbe essere tutto giallino. No?
Animazione del paradosso di Olbers |
Negli anni, diversi scienziati hanno cercato di spiegare perché il cielo di notte sia buio: alcuni pensavano che le nubi di polvere presenti nello spazio vuoto fossero capaci di oscurare le stelle più lontane. Un’altra ipotesi si basava sulla velocità della luce: anche se è la cosa più veloce che esista, la sua è comunque una velocità finita; la luce ha quindi bisogno di tempo per percorrere uno spazio infinito. E là dove la luce delle stelle più lontane non è ancora arrivata, vediamo il cielo nero.
Poi, nel 1929, l’astronomo Edwin Hubble (come lui si chiama il telescopio spaziale!), ha dimostrato che l’universo si sta espandendo. Se si espande, significa che miliardi di anni fa era molto, molto meno esteso di oggi. Quando una sorgente di luce si allontana da noi, la lunghezza d'onda della radiazione che riceviamo aumenta, cioè la luce della sorgente si arrossa. Questo significa che la radiazione delle stelle che si stanno allontanando da noi si sposta verso il lato rosso dello spettro, a volte così tanto da non poter più essere visibile e cadere invece nella parte infrarossa dello spettro elettromagnetico. ( puoi sentire lo stesso effetto quando un'ambulanza ti passa vicino, e il suono della sirena diventa sempre più grave man mano che si allontana da te; questo si chiama effetto Doppler). Per noi, quel punto dell’universo è buio. Questo fenomeno viene denominato redshift, per sottolineare lo spostamento verso il rosso della luce delle sorgenti lontane. Ecco perché i più potenti telescopi ottici non riescono ad osservare galassie lontanissime: i fotoni prodotti dalle galassie più lontane sono diventati infrarossi e quindi non vengono più ricevuti.
Vediamo anche questo simpatico video che ci spiega il tutto in maniera simpatica e come se fosse tutto molto ..semplice!
da: http://archive.oapd.inaf.it/othersites/sc/starchild/questions/question52.html
http://www.molecularlab.it/omgscience/?p=2673
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