Galileo Galilei |
Anticamente l’uomo ha cercato di spiegare i fenomeni naturali di cui era testimone imputandoli all’azione delle divinità, oppure attribuendoli alla stregoneria o alla magia.
Con Galileo Galilei (1564-1642) è stato introdotto il metodo sperimentale.
Esso si articola in due fasi:
- fase induttiva (cioè dallo studio di dati sperimentali si giunge alla formulazione di una regola universale)
- fase deduttiva
La fase induttiva si divide inoltre in:
- osservazioni e misure (in questa fase si utilizza la strumentazione opportuna e si raccolgono i dati)
- formulazione di un’ipotesi, si tenta cioè di spiegare il fenomeno, mediante la “lettura” dei dati sperimentali.
La fase deduttiva si distingue in:
- verifica dell’ipotesi (si sottopongono i dati ad una verifica rigorosa, si fanno delle controprove, ecc.)
- formulazione di una teoria, nel caso in cui l’ipotesi venga confermata.
In pratica il metodo scientifico è un modo di conseguire informazioni sul meccanismo di eventi naturali proponendo delle risposte alle domande poste: per determinare se le soluzioni proposte sono valide si utilizzano dei test (esperimenti) condotti in maniera rigorosa.
La rigorosità del metodo scientifico risiede nel fatto che una teoria non è mai definitiva ma è suscettibile di modifiche o di sostituzioni, qualora vengano alla luce nuovi aspetti non ancora considerati. Il metodo scientifico richiede una ricerca sistematica di informazioni e un continuo controllo per verificare se le idee preesistenti sono ancora supportate dalle nuove informazioni. Se i nuovi elementi di prova non sono favorevoli, gli scienziati scartano o modificano le loro idee originarie. Il pensiero scientifico viene quindi sottoposto ad una costante critica, una modifica ma anche ad una rivalutazione: è questo che lo rende così grande ed universale.
Abbiamo già visto in un precedente post come Redi era riuscito a "dimostrare" che le mosche nascono da altre mosche e non per generazione spontanea dalla carne putrefatta.
Ecco qui un altro esempio di metodo scientifico: l’esperimento di Pasteur sul carbonchio (1881):
Bacillus antracis |
Osservazioni:
- le pecore si ammalavano dopo aver trascorso del tempo sui campi infetti
- le pecore si ammalavano se venivano messe a contatto con il materiale in decomposizione presente sui campi o derivante da altri animali malati
- nel sangue delle pecore malate era presente un organismo unicellulare a forma di bastoncello (osservabile al microscopio)
Scopo dell’esperimento
Dimostrare se il responsabile del carbonchio era il Bacillus anthracis (isolato dal medico tedesco Robert Koch) oppure i miasmi ambientali.
Ipotesi
Forse le pecore potevano acquisire l’immunità qualora fossero venute a contatto con il bacillo attenuato, cioè la cui infettività era stata ridotta mediante un reattivo chimico.
Esperimento
- Pasteur selezionò dapprima 60 pecore
- 10 di esse furono tenute da parte ed isolate; ciò serviva da controllo
- 25 furono sottoposte all’inoculazione (vaccinazione) del bacillo attenuato per ben 2 volte (il 5 maggio 1881 e il 17 maggio 1881)
- 25 non furono vaccinate
Successivamente (31 maggio 1881), ai due gruppi di pecore da 25 individui fu iniettata una coltura virulenta di carbonchio, cioè ricca di bacilli non attenuati ma perfettamente vitali.
Pasteur verificò pubblicamente, il 2 giugno 1881, che:
del primo gruppo, quello delle pecore vaccinate, sopravvissero 24 individui su 25. Si registrò quindi un tasso di mortalità del 4%
del secondo gruppo, quello delle pecore non vaccinate, ne sopravvissero 2 (moribonde); le altre risultarono decedute. Si registrò quindi un tasso di mortalità del 92%
Teoria
Il carbonchio era dovuto all’azione del Bacillus anthracis. La vaccinazione attiva le difese immunitarie e previene le malattie infettive.
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